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La linguistica è la disciplina che studia il linguaggio.[1] È una disciplina descrittiva,[2] non scientifica bensì umanistica,[3]che studia il linguaggio umano nel passato e nel presente, nelle varie parti del mondo.[4] Un linguista è una persona specializzata in linguistica.[3]
La linguistica ha come scopo quello di definire e comprendere le caratteristiche del linguaggio (la facoltà mentale dell'uomo di comunicare attraverso una lingua) attraverso l'analisi delle lingue del mondo: un linguista indaga e descrive quindi le strutture delle lingue per capire come sono quest'ultime e cerca di spiegare perché queste sono come sono (e perché non sono in altro modo).[5]
L'obiettivo di un linguista quindi non è quello di studiare le lingue per imparare a parlarle, cioè a comunicare con i parlanti di quelle lingue. La distinzione è parallela a quella che sussiste tra un pilota di aeroplani e un meccanico: il pilota conosce i comandi per pilotare il veicolo e come ad ogni pulsante corrisponda una precisa funzione; un meccanico, invece, conosce le singole parti dell'aeroplano, come queste siano connesse tra loro e come insieme permettano all'aeroplano di volare.[3] Idealmente, un pilota potrebbe non conoscere i circuiti dell'aeroplano e come funzionano e viceversa un meccanico potrebbe non essere in grado di guidare un aeroplano. Parallelamente, un poliglotta è simile ad un pilota, mentre un linguista corrisponde al meccanico.
Ancora, il linguista è simile ad un fisico che studia le leggi e le forze dei sistema in cui siamo immersi, mentre un conoscitore delle lingue è simile ad un ingegnere edile o ad un architetto, che lavora con questo sistema, ma senza cercare di spiegarlo. Una persona poliglotta è simile all'ingegnere, dunque, che sa utilizzare bene le formule e le forze a sua disposizione; il linguista invece è come il fisico, il cui compito è indagare nella profondità del sistema (il sistema linguistico, appunto) e non fermarsi alla superficie per sfruttarne l'utilizzo.
La linguistica indaga le lingue secondo due aspetti: quello sincronico e quello diacronico. Una lingua o, più in particolare, un fenomeno linguistico possono essere studiati nella loro evoluzione storica, ossia nel loro mutare nel tempo: tale approccio, nonché metodo di analisi linguistica, è chiamato diacronico. La linguistica storica è quella branca della linguistica che si occupa dello studio diacronico delle lingue. Quando invece si osserva e si analizza una lingua o una sua caratteristica in un preciso momento storico (sia esso presente o passato), senza interessarsi del suo aspetto diacronico, si conduce un'analisi sincronica. Quest'ultima è condotta dalla linguistica sincronica.[6]
Ogni livello di una lingua (dalla fonologia alla semantica e alla pragmatica) può essere studiato sia sincronicamente che diacronicamente: ad esempio, è possibile studiare il sistema nominale del latino (ossia le declinazioni: quali sono e come sono strutturate) per come ci è stato conservato nei testi letterari di un determinato periodo (studio sincronico); oppure possiamo ricostruire i mutamenti che hanno portato al sistema nominale latino come lo osserviamo, seguendo la sua storia dal protoindoeuropeo fino al latino (studio diacronico).
La linguistica è un campo di ricerca ampio che include varie discipline, alcune delle quali collegate alle varie parti che compongono il sistema lingua. Le principali sottodiscipline della linguistica (che corrispondono in linea di massima ai livelli che compongono un sistema lingua) sono:
A seconda dei punti di vista dai quali il linguaggio viene studiato, è possibile inoltre distinguere altre sottodiscipline:
Lo stesso argomento in dettaglio: Linguistica generativa e Linguistica funzionale. |
Molte teorie linguistiche sono state proposte negli ultimi due secoli. Tuttavia, se si osservano le teorie oggi più diffuse, è possibile distinguere principalmente due approcci ai quali tali teorie fanno riferimento: si possono avere teorie generative che si oppongono a teorie funzionali.[8] Purtroppo è difficile delineare dei confini precisi e delle caratteristiche esclusive dell'uno o dell'altro approccio; inoltre, non è possibile individuare facilmente dei principi che siano davvero condivisi rispettivamente nelle due cornici teoriche.[senza fonte]
Nonostante ciò, si può generalizzare dicendo che le teorie generative si basano su una serie di postulati i quali presuppongono che:
Le teorie funzionali, invece, concepiscono il linguaggio come uno strumento funzionale alla comunicazione ed è questa sua funzione che modella e trasforma il linguaggio. Le regolarità del linguaggio non sono quindi spiegate da caratteristiche innate nell'uomo, ma dal fatto che le lingue sono usate per comunicare. Le teorie funzionali sono quindi più interessate alla performance e per spiegare i pattern osservati nelle lingue del mondo ricorrono a fattori esterni al linguaggio stesso.[8]
Una seconda tipologia di classificazione, parallela alla precedente è stata proposta, ed è quella secondo la quale le teorie linguistiche sono divisibili in teorie descrittive e teorie esplicative.[5] Le teorie descrittive sono teorie che riguardano la descrizione delle lingue, cioè come sono strutturate le lingue. Diversamente, le teorie esplicative sono teorie che spiegano perché le lingue sono in un modo piuttosto che un altro. Descrizione e spiegazione sono quindi intese come due concetti separati, al contrario di quanto generalmente affermato dalle teorie generative: secondo queste infatti, una teoria può e deve essere descrittiva e al contempo permettere di spiegare i fenomeni considerati.[9]
Secondo questa visione, non è possibile concepire una "linguistica teorica" in opposizione ad una "linguistica descrittiva", dato che la distinzione non è appunto tra "teorico" e "ateorico/descrittivo", bensì tra descrittivo ed esplicativo. In altre parole, la descrizione non potrà mai essere "ateorica", ma dovrà necessariamente rifarsi ad una teoria (di tipo descrittivo).[5]
Le teorie linguistiche possono essere ulteriormente suddivise a seconda di come concepiscono le categorie linguistiche delle lingue.[10] Le teorie che affermano l'universalismo categoriale si propongono di individuare categorie universali, pertinenti a tutte le lingue, e spiegarne le caratteristiche: per esempio, cercano di individuare la categoria "passivo" in tutte le lingue del mondo, osservandone il comportamento e definendone delle caratteristiche universali che permettano il riconoscimento della categorie stessa in tutte le lingue osservate. Le teorie che invece seguono il particolarismo categoriale sostengono che ogni lingua possegga le sue categorie (di qui il termine "particolarismo") e che non sia possibile equiparare una categoria di una lingua con la stessa di un'altra lingua.
Lo stesso argomento in dettaglio: Storia della linguistica. |
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