Memnone | |
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Memnone, raffigurato in un'incisione dell'artista francese Bernard Picart (1673-1733) | |
Saga | Ciclo troiano |
Nome orig. | Μέμνων |
Epiteto | nero, divino |
1ª app. in | Etiopide |
Sesso | maschio |
Professione | re, condottiero |
Memnone (AFI: /ˈmɛmnone/[1]; forma antiquata Mennone, /ˈmɛnnone/ o /menˈnone/[2]; in greco antico Μέμνων, Memnon, "colui che tiene duro"[3]) è un personaggio della mitologia greca, nato da Eos (l'Aurora) e da Titone, figlio di Laomedonte. Re di Persia e d'Etiopia, si schierò dalla parte dei Troiani nell'ultimo anno della guerra di Troia e perì per mano di Achille.
Sotto questo nome esistono anche i Colossi di Memnone, statue monumentali situate presso Tebe, in Egitto, che rappresentano in realtà il faraone Amenofi III.
Omero parla di Memnone nell'Odissea come il più bello tra tutti i guerrieri che presero parte alla guerra di Troia. Memnone era un eroe semidivino, figlio di Eos (l'Aurora) e Titone, un principe troiano figlio del re Laomedonte e fratello di Priamo. Le gesta dell'eroe erano narrate in un altro poema del Ciclo Troiano, il perduto Etiopide.
La dea s'innamorò di Titone, giovane molto avvenente, scorgendolo passeggiare per le pianure della Troade, e lo portò con sé in Etiopia.[4] Chiese a Zeus l'immortalità per il suo amante, ma si dimenticò di chiedere anche l'eterna giovinezza. Quando Titone divenne vecchissimo e ripugnante, Eos lo trasformò in cicala. Dalla loro unione erano nati due figli: Emazione, il maggiore, personificazione della notte, e Memnone, il minore, personificazione del giorno. La pelle dei due fratelli era di color scuro, perché quando erano piccoli con la madre Eos avevano accompagnato ogni giorno in cielo il cocchio del Sole: per il resto erano diversissimi in tutto, Emazione un uomo brutale ed efferato, Memnone una persona leale e aliena da crudeltà verso i popoli sottomessi.[5] Emazione divenne re dell'Etiopia e si scontrò con Eracle quando questi, dopo aver ucciso Busiride in Egitto, stava discendendo lungo il fiume Nilo. Memnone, che a quel tempo era ancora un fanciullo, regnava invece nella città di Susa in Persia, in un enorme palazzo di pietre bianche e gemme colorate fatto costruire da Titone, che era emigrato nel Vicino Oriente e aveva fondato Susa, portando al suo fianco il figlioletto. Susa è la città dell'eroe, e i suoi abitanti sono chiamati Cissi, dal nome della madre adottiva di Memnone, Cissia.[6] Fece espandere i confini del suo regno, conquistando tutti i territori circostanti: non attaccò però Troia, dominio dello zio Priamo.
Memnone era stato allevato dalle Esperidi. Il suo palazzo si ergeva in cima a un Acropoli, e per lunghissimi anni rimase in piedi, sino alla conquista persiana.[7] Dopo aver ucciso Emazione, Eracle affidò il regnò d'Etiopia a Memnone, che ampliò così il suo già grandissimo dominio. Si racconta che il secondo palazzo di Memnone, quello di Etiopia, dove peraltro egli soggiornò poco, sia ancora in parte visibile.
Quando Ettore morì nel duello contro Achille, Memnone fu convocato come alleato a Troia, portando con sé 20.000 etiopi, 2.000 susiani, un imprecisato numero di indiani e un'armatura forgiata dallo stesso Efesto. Ad essi si aggiunsero i guerrieri mandati dal re assiro Teutamo, suo amico: mille uomini tra susiani, assiri e indiani, con duecento carri. La strada percorsa da Memnone per arrivare a Troia è ancora oggi solcata da piccoli spiazzi in cui eresse le tende. Si sostiene che egli raggiunse Troia attraversando l'Armenia in testa a un poderoso numero di persiani, etiopi ed indiani, mentre un secondo esercito comandato da Falanto, su suo ordine, salpava dalla Fenicia.
Sotto le mura di Troia dimostrò coraggio e valore, uccidendo diversi guerrieri achei e arrivando a ferire Aiace Telamonio (fu forse l'unico nemico a riuscirci veramente). Inseguì il carro di Nestore, il cui auriga era stato ucciso da Paride, e ammazzò Antiloco che era accorso in aiuto del padre. Il corpo del giovane fu dunque preso dai guerrieri etiopi ma, prima che fosse spogliato delle armi, fu recuperato da Achille, particolarmente affezionato ad Antiloco.
« Oggi, spero che sia tu a morire, venga il tuo destino oscuro, sotto la mia lancia. |
(Commento di Memnone ad Achille. Quinto Smirneo, Posthomerica, libro II, versi 516-521.) |
Memnone duellò dunque contro il Pelide e si dimostrò un guerriero non inferiore a lui (le armi divine che possedeva riuscirono perfino a scalfire la pelle di Achille che, come noto, era vulnerabile solo nel tallone) ma alla fine venne decapitato dal suo nemico. L'esercito etiope, rimasto senza un condottiero, si disperse, e tutti i suoi guerrieri fuggirono da Troia. Eos pianse molto la morte del figlio, il cielo fu ricoperto da nubi, il suo pianto disperato formò la rugiada. Per volere di Zeus dalle ceneri di Memnone, che era stato bruciato sullo stesso rogo di Antiloco, nacquero due schiere di uccelli immortali (detti "Memnonidi") che ogni anno combattono fra loro sul cielo di Troia. Una statua colossale, eretta sulle rive del Nilo, che in realtà raffigurava il faraone Amenofi III, fu identificata con l'eroe e ogni mattina, al levarsi dell'Aurora emetteva un suono misterioso come per salutare la madre [8].
Stando alle fonti, nei combattimenti, Memnone uccise un totale di tre tra gli eroi avversari.
Nel suo Eroico, Filostrato nega che Memnone abbia mai partecipato alla guerra di Troia: il semidio sarebbe morto in Etiopia dopo un'esistenza pari a quella di cinque generazioni.
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